Aspettando le foto e i filmati di Barcellona mi lancio nel secondo post serio del periodo demenziale del mio blog.
(LA LETTURA DEL POST E' VIVAMENTE SCONSIGLIATA AGLI OTTIMISTI)
Le scienze razionali e la loro fisica applicazione nel contesto quotidiano ci insegnano come un piccolo errore di valutazione possa portare ad un grande ed inevitabile disastro.
A volte questo disastro scatena una serie inimmaginabile di reazioni a catena, nel peggiore dei casi ognuna ha la caratteristica dell'irreversibilità.
Esiste tuttavia una piccola e trascurabile possibilità che il rischio di un danno permanente si possa evitare, quasi sempre se l'errore viene colto nell'immediato, prima di ingrandirsi e di essere portato in dote dalla realizzazione fisica del progetto sul quale stiamo lavorando; quasi mai succede che la catastrofe si possa evitare agendo in netto ritardo, quando il nostro lavoro è ormai completo.
Sostanzialmente un essere umano è costretto a dare peso ad ogni minima situazione, arrivando a compromettere certe credenze tradizionali che concepiscono l'esistenza di grandezze e fenomeni trascurabili.
Qual'è il vero paradosso di questa situazione?
Intuitivamente possiamo arrivare alla conclusione che l'umano, creatura forgiata sulla base delle sue imperfezioni e vincolata dalla limitatezza e dalla cecità del suo io in rapporto alla sconfinata vastità dell'universo, sia, in ogni caso, spinto al rapporto con la perfezione, all'attenzione al dettaglio.
La felicità e la gioia sono illusori istanti di fuga dal dolore e dalla sofferenza esistenziale al quale l'intero genere umano è condannato, pensare di sfuggire al male è solo un utopia, la realtà è che ogni individuo usa l'arma della codardia, voltando le spalle al suo destino e fuggendo verso l' illusione di una vita spensierata.
Se dovessi definirmi direi che sono un codardo, ho la piena consapevolezza dei miei errori, la certezza di non poter mai più rimediare, di aver segnato il mio cammino per sempre, ma riconosco di poter sempre fuggire dall'ombra con il sorriso e con l'inutile speranza di non dover soffrire mai più.
Chi vive senza aver mai riso, scherzato, senza essersi mai ubriacato, senza aver conosciuto l'amore e la libidine è un folle e nella sua esistenza non incontrerà mai un momento di tregua a questa continua ed eterna sofferenza.
In ogni caso la sofferenza di ogni singolo essere vivente termina solo nell'istante in cui questo smette di appartenere a questo mondo.